COLLEGNO
16 Febbraio 2012 - 23:42
Lidia Sessa
Appeso a un balcone collegnese sventola un tricolore con una scritta: “Eternit: giustizia”. Lidia Sessa non ama mettersi in mostra, e non avrebbe voluto esporlo. Poi l’emozione ha avuto la meglio. Lunedì, nelle aule del palazzo di giustizia di Torino, erano centinaia le bandiera identiche a quella della Sessa, indossate a mo’ di mantello dai parenti degli oltre 2mila morti e 800 malati dell’Eternit di Casale Monferrato e Cavagnolo, in provincia di Torino, Rubiera, in provincia di Reggio Emilia, e Bagnoli, un sobborgo di Napoli. Lavoratori che, dopo aver respirato amianto per anni, sono deceduti di mesotelioma pleurico, una forma di tumore ai polmoni direttamente legata all’esposizione alle polveri del materiale. Tra questi lavoratori c’era Felice Sessa, padre di Lidia, morto a 63 anni dopo 16 di lavoro nello stabilimento casalese, il più grande d’Italia e con il record del maggior numero di decessi.
su Luna Nuova di venerdì 17 febbraio
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