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APPUNTAMENTI CULTURALI
COVID 19
25 Febbraio 2021 - 22:33
di CLAUDIO ROVERE
Arrivano alla chetichella, spesso sorretti da un parente, da un vicino di casa, a volte da un bastone, qualcuno con l’ausilio della carrozzella. Il volto un po’ stralunato di chi dopo averne viste tante deve affrontare, ormai da un anno, anche questa prova, durissima. Soggetti fragili è il termine che edulcora un po’ l’essere coloro su cui il virus, una volta arrivato, può creare i danni peggiori, anche fatali. Per tanti è una prova anche arrivare fino a qui, negli ambulatori al piano terreno dell’ospedale di corso Inghilterra, ma chi si presenta lo fa con convinzione, mica tanto per fare o “perchè me l’ha detto il medico”. Sono 66 gli over 80 che tra la mattinata e il primo pomeriggio di mercoledì si sono sottoposti alla prima somministrazione del vaccino Pfizer. Un’altra giornata è prevista per sabato, poi si proseguirà così, due volte la settimana.
Arrivano da Susa e dai paesi del circondario. Romano Brino ha 83 anni, Maddalena Peirona 82. Stanno insieme da 33, a Chiomonte. «Siamo entrambi vedovi e felicemente conviventi, senza esserci mai sposati - precisano con sottile ironia - viviamo bene così, insieme, meglio di tante coppie giovani d’oggi, senza la necessità di sancire con un atto ufficiale un’unione che come vede è molto forte». Sì, vedo. Romano è un uomo ancora molto in forma per l’età e si dedica ogni istante a Maddalena, che invece ha problemi di deambulazione ed è costretta a camminare con una stampella. «Sa, ho subìto già tre interventi al ginocchio...». Anche nello stanzino della vaccinazione, dove le postazioni di somministrazione sono due, entrano insieme. Le infermiere con gentilezza attendono e aiutano i loro gesti non più veloci come un tempo per liberare la spalla dai vestisti. Poi una di loro li riaccompagna nello stanzino di osservazione, dove devono rimanere un quarto d’ora per appurare che il vaccino non abbia provocato reazioni allergiche e dove devono sottostare, ahiloro, al fuoco di fila di flash e taccuini. Nessun segno evidente di allergia, neppure ai taccuini, e allora ecco il foglio che consente loro di andare a casa, in via Levis, nel centro storico. Ci si rivede il 17 marzo, per la seconda dose.
Poco dopo è la volta di Maria Luisa Braze, 82 anni, sempre di Chiomonte. La figlia non poteva assentarsi dal lavoro così ad accompagnarla a Susa ci ha pensato la vicina di casa, Valeria Ramat. Anche la sua autista ha i capelli bianchi, ma non è ancora entrata nella fascia che ha diritto al vaccino. «Ma accompagno volentieri la mia vicina - dice - siamo molto amiche, se non ci sia aiuta tra di noi». Poco dopo entra a far loro compagnia nello stanzone dove le distanze possono essere rispettate, Silvia Tournour Viron, di Gravere, che ha appena compiuto 83 anni ed è costretta a muoversi con la carrozzella, sospinta dal figlio Riccardo Nurisso. Per tutte il decorso post-somministrazione è tranquillo, quindi vengono congedate con l’appuntamento fra tre settimane per la seconda dose. Il loro sguardo, all’inizio un po’ impaurito, assomiglia molto a quello di chi sta tirando un grosso sospiro di sollievo.
Mentre varcano l’uscio per guadagnare il corridoio che porta all’uscita, arriva il turno di un over 80 molto conosciuto. È don Remigio Borello, rettore del santuario della Madonna del Rocciamelone a Mompantero e parroco di Exilles. Si sfila sicuro la camicia a quadri e porge la spalla all’ago dell’infermiera. L’esempio, specie se arriva dall’alto, è quello che, spesso, fa vincere una squadra. E qui la partita è di quelle importanti.
Su Luna Nuova di venerdì 26 febbraio 2021
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