EMERGENZA

Rivoli, tutti a casa: la città si adegua e il centro si svuota

Le nuove restrizioni imposte dal Governo sembrano aver finalmente convinto la maggioranza a rispettare correttamente le regole

12 Marzo 2020 - 20:36

Rivoli, tutti a casa: la città si adegua e il centro si svuota

«Le serrande si sono abbassate, i bar e i ristoranti hanno chiuso la loro attività. Una grande tristezza, ma non bisogna trasgredire alle direttive per prevenire il contagio», afferma Andrea Tragaioli, sindaco di una città che ieri mattina si è svegliata a rilento. Nessuna corsa ai bar, molti dei quali avevano già messo cartelli nei giorni scorsi per comunicare che non avrebbero aperto. L’ulteriore stretta decisa dal Governo d’intesa con le parti e annunciata da Conte mercoledì sera cambia di nuovo il volto della città, intensifica la richiesta di stare a casa, non fare capannelli e assembramenti, non uscire se non per stretta necessità.

«È un impegno che ognuno deve prendere verso se stessi e verso il prossimo, specialmente per le persone care che quotidianamente frequentiamo». Mercoledì si era riunito nuovamente il Coc per una prima valutazione dei comportamenti dei rivolesi in seguito alle restrizioni e per valutare iniziative sociali da attivare nei prossimi giorni. Mercoledì pomeriggio riunione dei sindaci dell’Asl To3, di cui Tragaioli è presidente, per aggiornamento sullo stato delle cose. Per avere ulteriori info dal Comune si può chiamare il numero 011/ 9513126. Intanto attivato dal Comune un servizio di consegne domiciliari per gli anziani che non possano muoversi di casa. Per i farmaci, invece, c’è già da giorni l’accordo tra Croce Rossa e Federfarma.
Ieri mattina, poi, altra riunione in Comune per aggiornare le iniziative in conseguenza della nuova restrizione ed i controlli: potranno restare aperti solo generi alimentari, tabaccai e giornalai, pompe funebri e servizi di prima necessità (idraulici, elettricisti...). I mercati rionali, come concordato dalla Regione restano aperti ma solo con l’agroalimentare e osservando alcune precauzioni: posti distanziati tra i banchi e limite per avvicinamento dei clienti, con cassette o altro.

Le farmacie, in quanto servizio pubblico, sono sempre aperte, e i farmacisti sono quotidianamente in prima linea come i medici attraverso l’efficienza professionale e disponibilità. «Contribuiamo ad arginare la congestione delle strutture ospedaliere non solo vendendo farmaci, ma anche e soprattutto dando consigli e preziosi suggerimenti a chi si rivolge a noi», afferma Paolo Dabbene, nella duplice veste di farmacista ed assessore al commercio. Unica nota dolente è quella che al momento i farmacisti non sono stati approvvigionati di sufficienti dispositivi di protezione individuale, non solo per la vendita, ma a volte per loro a che pure sono a continuo contatto con pubblico, alcuni dei quali potenziali contagiati. «Una carenza che ci espone al rischio di contrarre il virus - conferma - e, come si può immaginare, la chiusura della farmacia sarebbe un ulteriore grosso problema per la comunità». Riguarda più il lato economico la questione che tocca altre categorie. «Noi giornalai siamo aperti, ma con che risultati? Non si vende nulla, poche copie di riviste e una discesa in picchiata per i giornali vista anche la gratuità che molte testate hanno fatto online», sbotta Mario Tosches che mostra il locale dell’edicola vuoto e la mascherina pronta, nel caso qualcuno entri.

Non è l’unico a lavorare a singhiozzo. Massimo Lavista da giorni lo fa: «Anche noi agenti, che lavoriamo quotidianamente con i professionisti della sanità, siamo stati giustamente allontanati dai reparti ospedalieri», dice.
Obbedirà al diktat di rimanere in casa... «Si cercherà di collaborare nel miglior modo possibile - ammette - patiremo tutti anche economicamente questo stop, ma ritengo che più limitiamo i contatti, prima riusciremo a bloccare i contagi e prima riusciremo a tornare al lavoro». Questo i medici, gli infermieri e tutti gli operatori sanitari, veri eroi in trincea, lo dicono dall’inizio della epidemia, ora dichiarata dall’Oms una vera e propria “pandemia”. Loro sono costantemente in contatto con altre strutture, spesso in teleconferenza. «I colleghi lombardi ci hanno raccontato la loro esperienza su questo nuovo nemico che ci troviamo ad affrontare con 15 giorni di ritardo rispetto a loro», afferma Michele Grio, direttore del reparto di Rianimazione dell’ospedale rivolese. «Abbiamo visto colleghi grandiosi, fiaccati nel fisico, ma non nello spirito, alcuni in isolamento con i loro pazienti: grandi eroi che ci hanno rassicurato sulle misure preventive, organizzative e logistiche che abbiamo iniziato a mettere in campo, pronti a scatenare il fuoco delle nostre armi per i pazienti che dovessero sviluppare una polmonite interstiziale da Coronavirus con indicazione alla ventilazione meccanica e alle sofisticate misure terapeutiche che siamo in grado di offrire».
Medici, infermieri e operatori sanitari piemontesi sono pronti... «Per il momento i numeri sono inferiori a quelli della Lombardia, ma non va abbassata la guardia, nonostante siamo stati forse più bravi nella prevenzione, anche con misure restrittive».

Eva Monti

Su Luna Nuova di venerdì 13 marzo 2020

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