ARRESTI
03 Luglio 2014 - 23:01
È dalla notte dei tempi che il binomio grandi opere-infiltrazioni mafiose è sulla bocca di tutti. Compresa quella del movimento No Tav, che più volte, in questi anni, lo ha utilizzato come uno dei tanti “strumenti di propaganda” contro la Torino-Lione. E oggi, con una punta d’orgoglio, ma anche con l’amaro in bocca, i No Tav possono dire il classico «noi l’avevamo detto». La ‘ndrangheta, infatti, aveva messo le mani su una serie di lavori pubblici del Torinese, con un occhio di riguardo, manco a dirlo, per i cantieri Tav. Ma adesso si può dire con cognizione di causa che un imprenditore su cui pende l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa ha lavorato nel cantiere Tav di Chiomonte grazie ad un subappalto concesso dalla famiglia Lazzaro: è Giovanni Toro, titolare della Toro srl e locatario della cava che sorge al confine tra i comuni di Chiusa San Michele e Sant’Ambrogio. È lui uno dei 20 arrestati nell’ambito dell’operazione “San Michele” condotta dai carabinieri dei Ros e dei magistrati della Dda di Torino, coordinati dal pm Sandro Ausiello. Nel filone d’inchiesta è coinvolto anche il segusino Ferdinando Lazzaro, socio dell’Italcostruzioni, indagato per traffico illecito di rifiuti.
su Luna Nuova di venerdì 4 luglio 2014
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