STORIA
12 Aprile 2018 - 22:37
Un riconoscimento per la capacità di raccontare l’esperienza del “Treno della memoria” con parole e immagini. Il Comune lo ha conferito a Ginevra Paiola, studentessa del liceo scientifico Darwin di Rivoli, e Beatrice D’Alessandro, del corso grafico multimediale Des Ambrois di Oulx, entrambe al quarto anno, entrambe aviglianesi...
Su Luna Nuova di venerdì 13 aprile 2018
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Qui sotto il testo di Ginevra:
Tristezza, immensa e angosciante. Angoscia profonda e radicata che, da un piccolo spiraglio, si è allargata dentro di me, come le radici di una pianta si allargano nel terreno fertile di desolazione e solitudine. Solitudine che non ti abbandona mai. Ironico no? Anche quando pensi di non avere niente e nessuno, lei non ti abbandona mai.
Lacrime che scendono senza singhiozzi e urla, lacrime di pietà, lacrime di donne, di bambini, di uomini, lacrime libere congelate sui volti scavati dall'oppressione. Volti vuoti privi di dignità.
Cancellati i tratti somatici del loro essere, essere senza esistere, essere senza forza di vivere. Freddo, freddo gelido, agghiacciante. Una morsa interna che ti congela ogni singola cellula, ogni singolo centimetro del corpo ed ecco che in un attimo sei tutt'uno con il nulla, parte dell'immensa disperazione. Disperazione soffocata dall'impossibilità di mostrarsi deboli, disperazione ovattata tra un fiocco e l'altro di quella neve che segna un altro inverno, un altro incubo. Cammino lenta, cammino nei loro passi, nelle loro vite infrante, sono tutto e niente. Cammino nel freddo, ma non lo sento sulla pelle come al solito, è il freddo della morte, la morsa irrefrenabile dell'orrore e dell'inquietudine.
Vedo i volti della morte, la morte dello spirito, dei valori, dell'anima, dell'umanità. Una morte che mi spaventa più di quella fisica, l'annullamento del proprio io, della propria persona, vedo la morte negli occhi di chi piange. Vedo la schiera di scheletri umani che si muove per inerzia, forse per volontà o per voglia di vivere o, forse, per paura di morire.
gni singolo volto, li vedo tutti seduti per terra nel fango uno accanto all'altro, li vedo lavorare senza forza, li vedo andare incontro alla morte, quella che spaventa meno, la morte del corpo che dà pace alle membra logorate e all'anima frantumata. Vedo i binari interminabili, vedo l'interminabile tragitto mescolato al fango e all'odore di disperazione, vedo corpi senza tempo e anime senza vita.
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