NO TAV
03 Aprile 2020 - 00:05
di MARCO GIAVELLI
Lunedì 30 marzo Nicoletta Dosio è uscita dal carcere delle Vallette e ora finirà di scontare agli arresti domiciliari la condanna definitiva ad un anno per aver occupato, con altri 200 attivisti No Tav, l’A32 Torino-Bardonecchia durante la manifestazione “Oggi paga Monti” del 3 marzo 2012 al casello di Avigliana, favorendo per circa un’ora il transito gratuito degli automobilisti. All’età di 74 anni si è fatta tre mesi esatti di galera per “violenza privata e interruzione di pubblico servizio”, rifiutando con grande dignità qualsiasi misura alternativa come forma estrema di resistenza alla grande opera: un modo per riaccendere i riflettori sulla questione Tav e sulla situazione nelle carceri italiane.
Nei fatti ci ha pensato l’emergenza Coronavirus a farla tornare nella sua casa di via San Lorenzo a Bussoleno. Anche se, avendo lei rifiutato il braccialetto elettronico, i domiciliari le sono stati formalmente disposti non in base al decreto del governo Conte sull’emergenza sanitaria, ma ai sensi della legge 199/2010, la cosiddetta “svuotacarceri” varata dal governo Berlusconi. I domiciliari a lei concessi prevedono comunque il massimo delle restrizioni possibili, compreso il divieto di comunicare. «A livello di salute Nicoletta sta bene, anche se è provata da questi tre mesi di detenzione - racconta il marito Silvano Giai, che ha finalmente potuto riabbracciarla - mangiare in carcere è difficile per tutti, tanto più per i vegetariani come lei. Da un mese, a causa dell’emergenza Coronavirus, non potevamo più farle avere pacchi di cibo, oltre a non poterle fare visita: ha dovuto accontentarsi di quello che c’era. Anche dentro il carcere la situazione sanitaria si è fatta pesantissima, con alcuni casi di contagio sia tra i detenuti, sia nel personale di polizia penitenziaria: alcuni agenti, mi ha raccontato Nicoletta, giravano inizialmente senza mascherina protettiva sul viso per non creare allarme nei carcerati».
E poi ci sono situazioni come quella denunciata dall’Osapp, uno dei sindacati di polizia penitenziaria, con detenuti positivi ammessi ai domiciliari e trasportati nelle rispettive case con i mezzi della penitenziaria, anziché tramite ambulanze e personale sanitario. «Nicoletta racconta che alle Vallette tanti continuano ad entrare, anche persone malate alle quali non vengono praticati controlli sanitari, mentre pochissimi escono. Il sovraffollamento, anche a Torino, è insostenibile. Quella di scontare la pena in carcere è stata una sua scelta, condivisa con il movimento No Tav, che ha vissuto molto serenamente. Ora, vista l’emergenza sanitaria, anche il movimento le ha chiesto di fare un passo indietro e di accettare i domiciliari. Non ha però accettato il braccialetto elettronico: in questi casi è previsto il cablaggio dell’abitazione, che comporterebbe l’esporsi a campi elettromagnetici rischiosi per la salute».
Il primo mese ai “nuovi giunti” è stato molto duro per Nicoletta, costretta a rimanere rinchiusa 18 ore su 24 in una cella da 2x3 metri, con letto a castello e servizi igienici, da condividere con un’altra detenuta. Quindi è stata trasferita in un reparto con minori restrizioni, dove le celle vengono aperte alle 8,30 con maggiore libertà di movimento, tra biblioteca e passeggiate. Poi ci ha pensato il Covid-19 a rendere il clima nelle carceri ancora più opprimente. In mezzo, la vessatoria esperienza del trasferimento in manette all’ospedale di Rivoli per una visita medica, scortata da quattro guardie penitenziarie su una camionetta blindata alla stregua di una pericolosa delinquente. «Guardie che hanno addirittura assistito alla visita medica - spiega Silvano Giai - con un po’ di coraggio e di spirito in più, forse il personale sanitario avrebbe potuto opporsi almeno a questo». Ora, nella sua casa, ha potuto riabbracciare il suo mondo e la sua valle, seppur “a distanza”. Ha potuto rimettersi ai fornelli e, alle 18 di mercoledì, è uscita sul balcone e ha fatto la “battitura No Tav” «per il diritto alla salute e alla liberazione dal rischio di epidemia anche per i detenuti, in unione ideale con i suoi compagni di catene e con le loro famiglie».
su Luna Nuova di venerdì 3 aprile 2020
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