EMERGENZA

Borgone: Patrizia ce l'ha quasi fatta, ma ora è in ansia per sua mamma

Positiva al virus, ora è a casa e attende il tampone per la guarigione. Nonna Maria negativa a 85 anni: un caso raro, ma resta in ospedale

13 Aprile 2020 - 23:54

Borgone: Patrizia ce l'ha quasi fatta, ma ora è in ansia per sua mamma

di MARCO GIAVELLI

Patrizia, positiva al Coronavirus, ormai sta molto meglio: domani, mercoledì 15 aprile, concluderà il suo isolamento domiciliare in attesa del doppio tampone che, si spera, possa certificare l’avvenuta guarigione. Chi sta meno bene è sua mamma Maria, 85 anni, con una particolarità: è una delle rarissime persone anziane attualmente ricoverate all’ospedale di Susa a non aver contratto il Covid-19. Due tamponi, due volte negativa. Anche grazie alla grande attenzione che Patrizia ha riposto nei suoi riguardi, nonostante il virus l’avesse ormai colpita. Ma a causa di alcune importanti patologie pregresse, purtroppo negli ultimi giorni il quadro clinico di Maria Comunanza è andato via via peggiorando e ora la speranza è che sua figlia, una volta guarita, possa per lo meno tornare ad occuparsi di lei nel pieno delle sue forze, cercando le soluzioni più adatte alla delicata situazione.

La battaglia contro il virus di Patrizia Matarazzo, 55 anni, operaia alla Sogefi di Sant’Antonino, è iniziata di fatto ai primi di marzo, poi lunedì 23 è stata ricoverata all’ospedale di Susa: «Era da un mese che mi portavo dietro una tosse che non andava via: in realtà, in inverno, l’ho quasi sempre avuta, quindi inizialmente non mi sono preoccupata più di tanto. Ma via via si è fatta più brutta e persistente, allora il mio medico di base mi ha prescritto una radiografia ai polmoni. Purtroppo, proprio in quei giorni, mia mamma è caduta e si è fratturata due costole, così nel portarla al pronto soccorso ho fatto anche i raggi da cui è emerso un focolaio di polmonite. A quel punto mi hanno fatto il tampone ed è venuto fuori che avevo contratto anche io il Coronavirus. L’ha fatto anche mia mamma ed è risultata per ben due volte negativa: avremmo anche potuto riportarla a casa, ma la gestione sarebbe stata molto difficoltosa, visto che io ho dovuto rimanere in ospedale mentre mio marito è entrato in regime di isolamento fiduciario».

Un caso rarissimo, vista l’età di nonna Maria e l’aggressività del virus verso le persone anziane. Tanto più se pensiamo che mamma e figlia, pur in due alloggi distinti, abitano nello stesso edificio e quindi i contatti fra loro erano frequenti. «Me l’hanno detto anche i medici che la situazione di mia mamma, che tuttora respira autonomamente, è davvero una rarità - prosegue Patrizia - nel prendermi cura di lei, visti i miei sintomi sospetti, ho sempre adottato precauzioni come mascherina e guanti, evidentemente a qualcosa è servito, anche se ora la preoccupazione è molto forte. Fino a qualche giorno fa mangiava ancora, poi ha smesso e così negli ultimi giorni hanno dovuto metterle il sondino per farle arrivare il nutrimento. In questo momento trasferirla in una struttura sarebbe impossibile, purtroppo è affetta da altre patologie che rendono molto complicato il suo quadro clinico, al di là della frattura alle costole. Ormai è dal 24 marzo che non la vediamo e non la sentiamo più, parliamo soltanto via telefono con i medici dell’ospedale di Susa: il mio timore è che, non avendo più visto i suoi famigliari, si sia un po’ lasciata andare».

Quanto al Coronavirus, Patrizia per fortuna è stata colpita in forma relativamente lieve. Certo, non è stata una passeggiata: «Forte tosse a parte, non ho mai avuto febbre, è da una vita che non mi viene. Avevo però degli strani brividi, una nausea che non mi passava neanche con il Plasil e soprattutto non sentivo più il gusto: me ne sono accorta una mattina facendo colazione». Dopo i raggi e il tampone positivo, le strade sua e di sua mamma hanno dovuto per forza di cose dividersi: «Al pronto soccorso lei era sua una barella, io in un altro locale da cui comunque riuscivo a intravederla attraverso una vetrata, fino a quando sono stata trasferita nel reparto Covid». Insomma: mamma e figlia nello stesso edificio, l’ospedale di Susa, ma in due reparti che non possono e non devono comunicare tra loro, per evitare il rischio di contagi. Un’altra delle tante situazioni drammatiche frutto della pandemia.

«Sono stata curata con antibiotici e antivirali: fino al terzo giorno stavo piuttosto male, avevo il respiro lungo e un forte bruciore dentro. Inoltre, nello sbadigliare, sentivo un risucchio come se mi mancasse l’aria. Non sono stata intubata, ma per un giorno ho comunque avuto l’ossigeno nel naso». Via via la situazione è migliorata finché, martedì 31, Patrizia è stata dimessa: «In ospedale ho trovato medici e infermieri attenti, gentili e premurosi. Ormai è una settimana che sto molto meglio: spero mi facciano presto il tampone e che l’esito sia negativo, in modo da potermi riavvicinare a mia mamma. Anche mio marito sta bene: lui, non avendo sintomi, non è stato sottoposto al tampone e il 6 aprile ha terminato l’isolamento fiduciario. Non avrei mai pensato di vivere questa esperienza. Ora fortunatamente ne sto uscendo: ringrazio di cuore tutti coloro che mi sono stati vicino, aiutandomi almeno in parte a superare l’angoscia che mi affligge per mia mamma. Spero che tutto finirà presto e che ne usciremo vincitori».

su Luna Nuova di martedì 14 aprile 2020

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