COVID-19

Venaus, quando il medico sconfigge il virus

Dato per morto più volte, lui ci scherza su: «Erano solo fake news»

21 Aprile 2020 - 00:23

Venaus, quando il medico sconfigge il virus

di CLAUDIO ROVERE

Guardare le morte in faccia fa parte della professione medica e chi sceglie questo percorso di vita sa che tutti i giorni dovrà confrontarsi con essa. A volte vincendo, a volte perdendo, ma è nella natura delle cose. Molto diverso è invece doverla affrontare sul letto di un reparto Covid o peggio ancora in rianimazione. È accaduto a molti medici (137 il dato aggiornato a ieri di quelli deceduti nel nostro Paese dall’inizio dell’emergenza Coronavirus) ed è accaduto anche a qualche camice bianco valsusino. Tra di loro anche Giuseppe Graffi, medico di base venausino e specialista in geriatria, che dal tunnel Covid è uscito soltanto da una poco più di una settimana, ma che adesso per fortuna è praticamente guarito, anche se in attesa, da dieci giorni, del risultato del primo dei due tamponi di controllo.

«Sì, ad un certo punto ho pensato che potesse essere giunta la mia ora - ammette il medico - forse la professione ti porta a dire che sei in grado di controllare i sintomi ed invece quelli del Covid sono molto veloci nello svilupparsi e forse ho aspettato troppo a richiedere il ricovero; l’ho fatto al terzo giorno, avrei dovuto farlo prima». Quando viene ricoverato a Susa, il 25 marzo, il dottor Graffi è già grave e per i primi tre giorni non dà segni di miglioramento, anzi. «Le mie condizioni sono andate peggiorando, al punto che dall’iniziale mascherina dell’ossigeno hanno dovuto mettermi il vero e proprio casco - ricorda - in quel momento, anche senza essere un medico, ti accorgi che le tue condizioni sono critiche».

Gli viene diagnosticato il Covid-19, con grave polmonite bilaterale e insufficienza respiratoria severa. Per fortuna, dal quarto giorno di ricovero, le cure antivirali sperimentali e quelle anticoagulanti per evitare i trombi polmonari iniziano a sortire i loro effetti. Non c’è bisogno di rianimazione e piano piano la sua cartella clinica evolve in meglio, fino alle dimissioni dello scorso 10 aprile. Nel frattempo, a Susa, dove Giuseppe Graffi ha lo studio, nella sua Venaus e nei paesi del circondario, dove è molto conosciuto per l’umanità che associa alla sua indiscussa professionalità, iniziano ad accavallarsi le voci più disparate. “È grave”, “È molto grave”, “È morto”. Noi stessi, per due volte a distanza di qualche giorno, siamo stati raggiunti dalla “notizia” ferale. Lui adesso ci scherza su. «Ho saputo anch’io diverse volte che sarei passato a miglior vita, ma per fortuna era una fake news».

Graffi, 61 anni, per un decennio, fino al 2014, amministratore comunale a Venaus, con il ruolo di vicesindaco di Nilo Durbiano e assessore alla sanità e ai servizi sociali nella legislatura 2009-2014, nonchè consigliere di Comunità montana, «Quella sì che l’ho vista morire», ha parole di elogio per il reparto Covid dell’ospedale segusino e per come sia stata gestita l’emergenza. «Parlo del mio caso, ma anche e soprattutto più in generale: è stata una gestione eccellente, soprattutto se rapportata al peso e alla rapidità di proliferazione del problema, una volta tanto il presto e il bene sono andati a braccetto». Non altrettanto si può dire del “contorno”, del prima e del dopo ospedalizzazione. «Noi medici di base siamo le sentinelle del territorio, ma spesso, come in questo caso, siamo lasciati ai margini - denuncia condividendo il pensiero della stragrande maggioranza dei suoi colleghi, già sfogato attraverso una lettera aperta un paio di settimane fa - c’è stata e c’è ancora molta confusione, basti pensare che aspetto il risultato del primo tampone di controllo da 10 giorni, non vorrei che avesse fatto la fine delle ormai famose mail andate perdute...».

Intanto adesso, archiviata la delusione, si gode quel respiro tornato normale. «È una bruttissima sensazione quando ti manca, quando facendo anche il più banale dei movimenti ti senti come se avessi sollevato una montagna - ammette - In quei lunghi giorni d’ospedale, sotto il casco, la tua vita ti scorre davanti, pensi a quello che hai fatto, a quello che avresti potuto fare ed a quello che vorresti ancora fare, ai tuoi cari che non possono starti vicino, un pensiero che il pur - ripeto - splendido lavoro dell’ospedale, non riesce comunque a lenire; non so come reagirò alla lunga distanza, ma adesso aver un respiro normale è una grande conquista». E fuori dalle mura del nosocomio, le voci, molte e insistenti, che ti fanno morire prima del tempo. Allungano la vita, si dice. Quella del dottor Giuseppe Graffi allora rischia di essere eterna.

Su Luna Nuova di martedì 21 aprile 2020

Inserisci un commento

Condividi le tue opinioni su Luna Nuova

Caratteri rimanenti: 400

APPROFONDIMENTI