25 APRILE

Addio a Gino Favro, partigiano della 106ª Brigata Garibaldi

Di origini mattiesi, da anni viveva al Vernetto di Chianocco

24 Aprile 2020 - 17:39

Addio a Gino Favro, partigiano della 106ª Brigata Garibaldi

di CLAUDIO ROVERE

È spirato in un letto delle Molinette. Forse non la morte che avrebbe voluto, lui abituato alla libertà della montagna e a combattere i nazifascisti che quella libertà gli avevano negato. Ma il suo ricordo di uomo libero rimarrà nella memoria valsusina, della gente di montagna e di quella che domani si radunerà sui balconi per cantare “Bella Ciao” e festeggiare, pur in quarantena, il 75º anniversario della Liberazione. Gino Favro, 95 anni compiuti lo scorso 30 marzo, verrà sepolto lunedì mattina nel cimitero di Chianocco, comune dove risiedeva da tempo in frazione Vernetto. Il feretro partirà dalle Molinette alle 9,30, poi farà un breve tappa davanti all’abitazione del Vernetto e quindi la cerimonia per forza di cose privata di sepoltura. «Papà ha sempre partecipato, fino ad un anno fa, quando si è ammalato, a tutte le cerimonie di commemorazione ed i funerali dei suoi compagni partigiani - affermano le figlie Marinella e Daniela - e un po’ gli sarebbe dispiaciuto che le gente non possa salutarlo a sua volta, ma il momento che viviamo è questo e non si può fare altrimenti».

La morte di Gino Favro, origini mattiesi, nella frazione Giordani, getta un ulteriore velo di tristezza sulle commemorazioni del 25 Aprile. Gino nel corso della guerra di Liberazione era stato inquadrato tra i garibaldini della 106ª Brigata Giordano Velino, che operava sulle montagne tra S.Giorio, Bussoleno e Mattie. Proprio lui e il suo distaccamento erano stati protagonisti di uno degli episodi più cruenti della Resistenza su quelle montagne, nella notte del 29 dicembre 1944. Una colonna di una sessantina di tedeschi aveva mosso da Bussoleno per un rastrellamento proprio nella zona di Pian Cervetto e della Comba, dove aveva sede il suo distaccamento. La notte di plenilunio e il riflesso della luce lunare sulla neve avevano però reso ben visibile la colonna nazista, cosicchè Gino e i suoi compagni poterono tendere un’imboscata agli invasori. La colonna tedesca fu sorpresa dal fuoco della mitragliatrice pesante St.Etienne dalle alture di Crè du Ri. I tedeschi furono costretti alla ritirata, contando un morto e tre feriti, ma nella loro fuga trovarono il modo di bruciare alcune baite di Pian Cervetto.

Gino Favro, fisico asciutto da montanaro, era un grande amante della montagna. «Aveva contato le volte che era salito sul Rocciamelone, 104 - svelano le figlie - ma poi noi lo incalzavamo e gli dicevamo che erano di più, allora lui lo ammetteva e diceva che aveva perso il conto delle ascese effettuate in gioventù». Per una vita aveva lavorato alla Magnadyne. Nel 1951 aveva sposato Elsa Fiore, che a luglio festeggerà il suo 92º compleanno, con cui avevano scelto di trasferirsi quasi subito a Chianocco. Nella foto Gino Favro è quello in piedi con il foulard rosso della 106ª Brigata Garibaldi Giordano Velino, accanto ad Ugo Berga. Sotto, sempre con il foulard garibaldino, Giulietto Boularger, che adesso rimane l’unico testimone vivente di quell’esperienza di libertà. 

Su Luna Nuova di martedì 28 aprile 2020

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