APPELLO
30 Aprile 2020 - 00:30
di CLAUDIO ROVERE
Poche tavole preparate con cura, rigorosamente e socialmente distanziate. Vuote. Terribilmente occupate soltanto da fantasmi e ricordi. Poi la camera si allontana, passa davanti al bancone del bar, fino a pochi mesi fa meta di escursionisti infreddoliti alla ricerca di una cioccolata calda o di qualcosa di più sostenuto, varca l’uscio e riprende in primo piano una mano che chiude a chiave la porta. Le luci delle insegne che si spengono sono il malinconico finale.
Cristina Gontero proprio ieri avrebbe dovuto festeggiare il suo quarto anno di attività fra i tavoli del De Gustibus, il locale di Bar Cenisio, sulla statale 25, messo in ginocchio dall’alluvione del 2008 e che questa intraprendente ragazza della val Cenischia ha riportato agli onori delle cronache insieme al suo compagno Alessandro Odiardo, che del locale è lo chef. Invece ha consegnato, idealmente, senza scendere in paese per non creare assembramenti, le chiavi del proprio ristorante al sindaco di Venaus Avernino Di Croce.
E la sera precedente aveva postato sui social due video: il primo, senza commenti, con i tavoli inutilmente imbanditi e il secondo con lei, voce rotta dall’emozione, a spiegare il perchè della partecipazione al flash mob organizzato, con appuntamento in tutta Italia alle 21, dal “Movimento imprese ospitalità”. Il flash mob ha raccolto l’adesione di circa 150mila tra ristoranti, pizzerie, bar, pub, pasticcerie lungo la penisola e la sua eco è arrivata anche qui, in alta val Cenischia, con l’adesione di Cristina e Alessandro del De Gustibus e Marco Romiti, che da otto anni gestisce la polenteria “La Ramasse” di Moncenisio.
«Tutti gli imprenditori turistico ricettivi che gestiscono ristoranti, alberghi, pizzerie, bar, pub e anche stabilimenti balneari hanno cercato attraverso questa azione simbolica di richiamare l’attenzione sulla profonda crisi del comparto e, attraverso il sindaco, vorrebbero “simbolicamente” raggiungere anche il nostro premier Giuseppe Conte - si legge nella lettera che accompagna le chiavi - non cerchiamo aiuti personali, ma interventi di sistema a favore di tutto il comparto che possano far sopravvivere le nostre aziende, che con grandi sacrifici portiamo avanti, e scongiurarne la chiusura».
E per fare questo non è detto che si debba operare una forzatura per aprire prima della data annunciata dall’ultimo Dpcm, il 1° giugno. «Ci teniamo a precisare che la nostra non è una richiesta di poter aprire a tutti i costi e il primo possibile: aprire rispettando le regole sanitarie e di distanziamento significa ridurre drammaticamente gli incassi e aumentare i costi, preludio del fallimento. Pensiamo che aprire in queste condizioni voglia dire morire. Desideriamo tornare a lavorare, ma in alcuni locali con le nuove regole non entrerebbero più di tre o quattro persone ed in queste condizioni non siamo in grado di mantenere i nostri dipendenti. Il governo deve farsi carico di questa situazione, aiutarci a sopportare i costi fissi con contributi a fondo perduto e preservare le imprese e la ricchezza imprenditoriale di questo comparto fondamentale per l’economia italiana, in modo che, quando saremo in grado di ripartire, nessuno sarà costretto a chiudere».
Intanto a Bar Cenisio la neve è già andata via, in annate normali tutti staremmo a fare il conto alla rovescia per la riapertura del colle ed invece il video della porta di Cristina che si chiude, delle insegne che riconsegnano Bar al buio mettono un po’ di malinconia. Il 25 aprile il locale avrebbe dovuto ospitare il secondo pranzo-ritrovo dei molti iscritti al gruppo facebook “Moncenisio, un paradiso nelle Alpi”, ovviamente rimandato a data da destinare. Verranno tempi migliori, ma senza una mano tesa dallo Stato anche molti giovani imprenditori come Cristina che ha scelto di ripopolare anche economicamente la montagna non soltanto d’estate ma anche durante la stagione fredda rischiano di non resistere a lungo. E se perdono loro avremo perso un po’ tutti.
Su Luna Nuova di giovedì 30 aprile 2020
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