CORONAVIRUS
04 Maggio 2020 - 23:43
di CLAUDIO ROVERE
Si chiama asporto, ma anglosassonizzata in take away fa più fico. È la risposta di bar e ristoranti al pane e alla pizza fatti in casa in questi due mesi di quarantena forzata e che in molti casi hanno mandato in lockdown anche le nostre bilance. Da ieri in provincia si può, mentre Torino dovrà attendere, crescita o meno dei contagi fase 2 alla mano, fino al 9 maggio. Bar, gastronomie, pizzerie e ristoranti si stanno attrezzando, anche se non tutti opteranno per questa scelta.
Chi ha imboccato questa strada senza esitazioni è il bar Stazione di corso Laghi ad Avigliana, che da ieri mattina alle 5 ha iniziato a sfornare caffè, cappuccini e brioches da asporto, per poi fare il bis con panini e piatti caldi a mezzogiorno. Una scelta obbligata quella dei giovani gestori del locale, Giovanni Minadeo, 29 anni, e Alex Di Pasquale, 27. I due neogestori infatti si sono trovati al posto giusto ma nel momento sbagliato, sorpresi dalla pandemia quando avevano appena rilevato, da 10 giorni, l’attività dopo che in passato ci avevano lavorato come baristi e camerieri. Era saltata, a suo tempo, anche l’inaugurazione del locale prevista per sabato 7 marzo. La fortuna è cieca, insomma, ma la sfiga ci vede benissimo. «Però non siamo stati fermi e ci siamo preparati a questa seconda fase, in attesa di poter servire caffetteria e pranzi nel locale», spiegano i due gestori. Prezzi popolari, tre euro per un primo piatto, cinque per un secondo, per quanto riguarda la ristorazione, in linea con il resto d’Italia il bar. Attutire il colpo non è stato facile, ma qui l’entusiasmo non manca.
A Bussoleno l’asporto metterà in quadro anche delle attività non chiuse ma dimezzate. È il caso della gastronomia Gea, di via Traforo, gestita da un paio d’anni dalla giovane Alice Patrito, che riaprirà molto probabilmente domani. «Avrei potuto tenere aperto per tutto il periodo, ma soltanto per il banco alimentare, che rappresenta non più del 40 per cento del mio fatturato, l’altro 60 era costituito da coloro che consumavano un pasto veloce ai tavoli e facevano aperitivo di sera - ammette - ma non ne valeva la pena, anche perchè approvvigionarsi di materie prime, che cerco di mantenere a chilometro zero e bio, non è stato semplice in questo periodo, a tutto ciò si è aggiunto pure qualche piccolo problema di salute e quindi la scelta di chiudere qualche settimana è stata obbligatoria». La speranza di Alice è quella di «rimanere a galla in questo periodo, per poi ripartire». Non sarà facile, perchè il locale è minuscolo e con il distanziamento sociale con cui si potrà eventualmente riaprire dal 1° giugno i suoi spazi potranno accogliere tre persone al massimo.
Problemi analoghi per il “Coffèe Break”, caffè-gastronomia poche centinaia di metri più in basso, sempre su via Traforo. Ahmed Toujier, 31 anni, e Paola Lorenzin, 54, hanno continuato a tenere aperto per tutto il periodo, anche se con orario limitato al mattino e soltanto con servizio da asporto per la gastronomia. «Abbiamo aperto da poco, non possiamo permetterci di tenere chiuso a lungo, anche perchè siamo fra coloro che non hanno ancora visto i 600 euro promessi dal governo - spiegano - ma i nostri introiti erano soprattutto legati al servizio bar al mattino e agli aperitivi al pomeriggio-sera, adesso ci sono giornate in cui possiamo incassare anche 30-40 euro soltanto, speriamo che con la possibilità di fare asporto anche con la caffetteria di lavorare un po’ di più, ma non siamo molto fiduciosi a dire la verità».
Quelli che avranno più problemi saranno sicuramente i gestori di bar. Ne è ben conscia Franca Garofalo, del bar-edicola “da Franca” di Susa, all’angolo tra via Caduti di tutte le guerre e via Carlo Alberto Dalla Chiesa, di fronte alla caserma dei carabinieri. Un luogo che per la sua natura di edicola non ha mai chiuso nel corso dell’emergenza Covid, ma che non è detto possa riaprire per fornire caffè e brioches da asporto. «Il dubbio ce l’abbiamo - confessa una delle storiche bariste-edicolanti segusine - il gioco, almeno per noi, non vale sicuramente la candela dal punto di vista economico; lo faremmo soltanto per fornire un servizio in più insieme all’edicola, ma proprio la commistione fra clienti dell’edicola e quelli del bar, che prima di questa pandemia era un valore aggiunto, rischierebbe di crearci soverchi problemi di gestione del flusso delle persone, vedremo nei prossimi giorni».
Da Susa intanto arriva una buona notizia. La riapertura di un locale lo è sempre, soprattutto di questi tempi, ma quella della “Marchesa” assume un connotato particolare. Il suo gestore, Daniele Pedrazzi, era stato infatti uno dei primi contagiati dal Coronavirus nella città di Adelaide. Il suo fisico da atleta, che in gioventù gli aveva permesso di vincere anche il titolo italiano a staffetta con il compianto Marco Germanetto, gli aveva consentito di vincere la sua battaglia con il Covid, ma come ci aveva confermato lui stesso non era stata certo una passeggiata. Ora, due mesi esatti dopo l’annuncio della chiusura, ecco che la Marchesa riapre le sue porte per l’asporto di pizze e fritto misto di pesce. Si inizia venerdì 8 maggio, dalle 18 alle 21, e lo si potrà fare tutti i fine settimana, dal venerdì alla domenica, fino a nuovo ordine.
Su Luna Nuova di martedì 5 maggio 2020
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