EMERGENZA ECONOMICA
18 Gennaio 2021 - 22:13
di DANIELE FENOGLIO
Sono tre i locali della zona che venerdì scorso hanno aderito all’iniziativa “Io apro”, una forma di “disobbedienza gentile”, come l’hanno definita gli organizzatori stessi, contro l’obbligo di tenere chiusa la ristorazione in ossequio alle norme anti pandemia. Si tratta de Il Pacchero (che ha aderito con i suoi tre locali, situati in città, a Rivoli e a Torino); della trattoria Il Portico e di Madimò-Gnocco e Tigelle. A livello nazionale l’“antiserrata” non avrebbe riscosso un grandissimo successo, ma è comunque un segnale della sofferenza che il settore della ristorazione sta vivendo a causa delle chiusure dei locali. Asporto e consegne a domicilio infatti non basterebbero a tenere in piedi le aziende.
«Venerdì abbiamo fatto come sempre prima delle chiusure imposte dai vari Dpcm: abbiamo accolto i clienti con tutte le prescrizioni previste dalle norme anti contagio, con distanziamento, limite al numero delle persone ai tavoli e nelle sale - racconta il titolare de Il Pacchero Alessandro Grilli - Abbiamo aperto alle 19,15. Alle 19,40-45 sono arrivati una decina di agenti della polizia, che ci hanno chiesto di allontanare i clienti e chiudere. Non lo abbiamo fatto. Così a noi è stata data una multa di 400 euro e chiusura per cinque giorni, mentre gli avventori sono stati identificati». Sarà l’autorità giudiziaria a decidere eventuali sanzioni per i commensali.
Situazione analoga per gli altri “disobbedienti” della forchetta: tutti multati e chiusi per cinque giorni. «Volevamo comunicare che ci e stata notificata questa mattina la chiusura per giorni cinque per il reato di aver lavorato ieri sera, in ogni caso inutile vista la zona arancione, in ogni caso grazie a tutti quelli che come noi ci hanno provato, ci vedremo alla prossima apertura perché col cazzo che molliamo», si legge sulla pagina Facebook de Il Portico. Idem su quella di Madimò.
Per Grilli non si tratta di disobbedienza fine a se stessa: «Il fatto è che abbiamo bisogno di lavorare - spiega - La cassa integrazione per i dipendenti arriva tardi o non arriva. Ho visto un mio lavoratore di 50 anni piangere perché non sa più come mantenere la famiglia. I ristori bastano a mala pena per le bollette, e per il locale di Torino manco ci sono, perché è aperto da poco e non c’è un fatturato del 2019 su cui calcolare gli aiuti - prosegue l’imprenditore - Poi però ci tocca vedere le code nei centri commerciali. E sia chiaro: non è invidia per chi sta lavorando. Anzi, sono ben contento che ci sia chi può ancora farlo. È che proprio non ce la facciamo più e l’incoerenza dei provvedimenti è ingiusta».
Ora restano i frigo pieni. «Abbiamo alimenti deperibili che andranno sprecati. Avevamo pensato di preparali e donarli alle famiglie in difficoltà, ma a quanto pare non possiamo proprio mettere piede nei ristoranti. Molta roba andrà buttata via». Grilli però non si arrende: «Sto consultando degli avvocati per capire cosa si può fare dal punto di vista legale contro queste chiusure obbligatorie». Intanto sabato sera Grilli e i suoi dipendenti si sono ritrovati davanti alla sede torinese con uno striscione per un sit-in di protesta.
Su Luna Nuova di martedì 19 gennaio 2021
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