LUTTO
12 Aprile 2021 - 23:31
di MARCO GIAVELLI
Il suo negozio di via Ponte Dora, e quelle vetrine che erano un po’ come una finestra sul mondo, sono stati un punto di riferimento per le giovani generazioni del dopoguerra. Donne e ragazze, soprattutto, che negli anni del boom economico passavano di lì, sicure di trovare sempre qualcosa di innovativo, “alla moda”. Poi capitava che si sedessero sulla panchina posta all’esterno e chiacchierassero amabilmente con lei, Marisa Rolfo, vedova Virano, un simbolo per la piccola comunità di San Valeriano. Marisa si è spenta giovedì 8 aprile all’età di 91 anni: da alcune settimane era ricoverata presso una struttura dove stava eseguendo la riabilitazione per riprendersi da una brutta caduta. Quando ormai sembrava vicina alle dimissioni, è sopraggiunta l’infezione da Covid-19 e non c’è stato nulla da fare, «anche se l’ha sviluppata in forma asintomatica - raccontano le figlie Candida e Valeria Virano - se n’è andata nel sonno e i medici ci hanno assicurato che non ha sofferto. Ora va dal suo Sergio che da tempo l’aspetta, e di cui ha sentito per tutti questi anni la triste assenza».
Nata a Condove il 6 giugno 1929, rimasta a soli otto anni orfana di padre, conosciuto mobiliere e intarsiatore delle Fucine, Marisa Rolfo ha coltivato fin da ragazzina il suo innato talento per il commercio e il rapporto con il cliente: aveva infatti 14 anni quando iniziò a lavorare come cameriera alla Società Cooperativa di Condove. Fu in quel periodo che conobbe Sergio Virano, tostatore torinese di caffè che vendeva all’ingrosso anche in numerosi negozi e alberghi valsusini. Si sposarono il 13 luglio 1947, lei appena 18enne: decisero di stabilirsi a San Valeriano, costruendo quella che poi è diventata “Casa Virano”, con tanto di insegna, su un terreno del nonno Mario. Lì aprirono anche quella che per tantissimo tempo è stata la prima e unica bottega presente nella frazione, diventata negli anni un piccolo “bazar” dove si vendeva un po’ di tutto: dagli alimentari ai tabacchi, liquori, stoffe, corredi e chiancaglieria, a cui si affiancava l’attività di tostatura del caffè gestita da Sergio nella sua “Torrefazione Virano Valle Susa”, con vendita anche al dettaglio, e quell’inconfondibile aroma che si spargeva in tutta la zona del ponte sulla Dora; Marisa, da moglie dell’unico torrefattore presente in valle, faceva da “consulente”, degustando e giudicando le miscele.
«Mamma ha sempre avuto un’attitudine spiccata per il commercio e una grande capacità imprenditoriale - ricordano le figlie - sempre sorridente con tutti, il suo negozio aveva offerto a San Valeriano un’occasione di modernità, con idee innovative che si allacciavano alla moda del tempo: ogni mercoledì andava a Torino, emblema di modernità, osservava le vetrine e prendeva spunto, simulando nella sua bottega ciò che aveva visto. Nelle sue vetrine sapeva rispecchiare quelli che erano i sogni e i gusti di tante ragazze dell’epoca: è sempre stato un suo talento, unito alla capacità di entrare in empatia con il cliente. Amava stare con la gente e ci sapeva fare. All’esterno del negozio c’era una panca di legno: con loro parlava di tutto, dall’attualità ai film, che lei e papà andavano a vedere al cinema di Sant’Antonino, cosa che a quei tempi non tutti potevano permettersi e che suscitava in tanti una certa curiosità. E poi, naturalmente, c’erano i piccoli grandi problemi della vita quotidiana. Era uno scrigno di confidenze, a tante persone piaceva sfogarsi e cercare conforto in lei».
All’attività commerciale, gestita ininterrottamente per 42 anni, dal 1943 al 1985, si aggiunge la dimensione più familiare. «Era una donna speciale, che con papà ci ha educate all’onestà, alla rettitudine, alla solidarietà, al non ostentare mai il benessere - aggiungono Candida e Valeria - e poi una nonna affettuosa, sempre con una grande voglia di ridere. Amava la cultura e la lettura: mentre stirava, non era raro sentirla recitare a memoria le poesie di Pascoli o alcuni passi della Divina Commedia». Infine la parte più sociale. Marisa e Sergio, 70 anni di matrimonio festeggiati sul campo, hanno fatto del bene a molti: ogni anno sceglievano di aiutare una famiglia diversa, sempre in silenzio. Insieme, inoltre, sono stati una colonna portante del gruppo Anziani di Sant’Antonino e della sezione Fidas di Sant’Antonino-Vaie, di cui Virano è stato a lungo presidente, portando all’associazione tanti nuovi donatori di sangue: entrambi erano stati premiati con la seconda medaglia d’oro e Marisa, con le sue 75 donazioni, era arrivata ad un soffio dalla terza, stoppata solo dai sopraggiunti limiti d’età. Come dimenticare, poi, la “Compagnia dei defunti” di San Valeriano: Marisa, per conto della parrocchia, teneva la contabilità delle offerte che le famiglie donavano per i loro cari, oltre ad occuparsi delle pulizie e degli ornamenti della cappella. Ogni anno, alla festa patronale, donavano il “pane del povero” durante la messa, gesto frutto di un voto che Sergio fece all’età di 16 anni, quando a Torino rimase sepolto sotto le macerie durante la guerra. «Hanno condotto una vita parallela facendo il mestiere che più gli piaceva, lavorando e divertendosi insieme, e tenendosi sempre per mano».
su Luna Nuova di martedì 13 aprile 2021
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