PANDEMIA

Scuola e gestione Covid: «Tante storture»

La Rete No green pass Valsusa raccoglie le esperienze dei docenti in sospensione. «Chi vuole fare accertamenti in vista del vaccino non viene messo in condizione di farlo»

24 Dicembre 2021 - 00:11

Scuola e gestione Covid: «Tante storture»

Un’immagine diffusa dalla Rete No green pass Valsusa per esprimere la contrarietà rispetto alla gestione della pandemia in ambito scolastico

di MARCO GIAVELLI

Con l’introduzione dell’obbligo vaccinale, il 15 dicembre è stata una data spartiacque per tutto il personale scolastico: potrà continuare a lavorare come se nulla fosse solo chi si è sottoposto alla vaccinazione; chi finora accedeva a scuola con il cosiddetto “green pass base”, in forza di un tampone negativo, sarà invece sospeso dal lavoro fino a nuove determinazioni, retribuzione compresa. Ma secondo le testimonianze di alcuni dei diretti interessati non sono mancati, in questi primi giorni, incongruenze e atti di discriminazione: a denunciarli è il gruppo scuola della neonata Rete No green pass Valsusa, costituitosi in queste settimane per confrontarsi su quanto sta avvenendo sul territorio, raccogliere le diverse esperienze e fornire supporto a chi si trova in questa situazione. Ne fanno parte attivamente una quindicina di persone tra il centinaio che ha finora aderito alla Rete.

«Sono in corso atti discriminatori nei confronti del personale scolastico non vaccinato che sta comunque cercando di mettersi in regola con quanto la legge consente - spiega Emanuela Favale in veste di genitore, facendosi portavoce del lavoro che il gruppo scuola della Rete sta svolgendo - ci sono persone affette da allergie o patologie importanti che prima di aderire eventualmente alla campagna vaccinale hanno ritenuto opportuno sottoporsi ad accertamenti diagnostici preventivi ma che, a conti fatti, non sono state messe nelle condizioni di poterli fare. Un passaggio che prima del 15 dicembre era la normalità, mentre ora pare non esserlo più: ci sono medici di famiglia che rispondono che, per ordini dall’alto, non possono assumersi determinate responsabilità, pur essendo loro, per legge, i primi responsabili della salute dei loro mutuati. Ti dicono: “Vengono poi a pinzare me se concedo un differimento o un’esenzione che non ha ragione di esistere rispetto alla storia clinica del paziente”, sintomo del clima che si respira e di come evidentemente temano ripercussioni su loro stessi se compiono certe scelte. Siamo venuti a conoscenza di casi di persone della stessa famiglia che lavorano nel mondo della scuola, dove uno è riuscito ad ottenere il differimento della vaccinazione mentre ad un altro è stato negato, ma sulla base delle medesime attestazioni sanitarie di partenza. E comunque, in ultima analisi, una persona che per sua fortuna ha sempre goduto di buona salute, e quindi non ha mai effettuato determinati esami, non può sapere se sottoponendosi al vaccino possa incorrere in potenziali rischi, ma questo viene ritenuto non rilevante. Oltre ai diritti garantiti dalla Costituzione, ormai si stanno calpestando anche i diritti minimi di fare accertamenti per scegliere consapevolmente: non viene dato il tempo per i dovuti approfondimenti».

Raccontano ad esempio di un collega che in passato aveva subito uno shock anafilattico a seguito di un’altra vaccinazione, ma nonostante questo non c’è stato modo di trovare il canale giusto per far valere le proprie ragioni. Luisa, insegnante di scuola secondaria di primo grado, riporta invece il caso di «persone vaccinate che si presentano a scuola con potenziali sintomi ma che vengono ammesse in forza del green pass, mentre ora i non vaccinati con tampone negativo non possono entrare». Ci sono poi alcune storie singole. Come quella di Consuelo, insegnante di scuola superiore a partita Iva, che per questo motivo si autodefinisce “docente di serie C”: «Nei mesi scorsi, nel rispetto della legge e per dimostrare la mia disponibilità a tutelare la salute di alunni e colleghi, mi sono sottoposta al test del tampone, negativo, ma mi sono rifiutata di scaricare il green pass presentando comunque l’esito su carta intestata della farmacia, eppure non sono stata ammessa a scuola». Le regole stabilite dal governo, però, dicono quello: perché non scaricare volutamente il green pass? «Perché quel clic per me rappresenta la legittimazione di un certo sistema per cui, associando me come persona ad un Qr Code, è come se io venissi considerata alla stregua di una merce, e questo a mio avviso non può essere accettabile. Se ho in mano un certificato di tampone negativo su carta intestata emesso dalla farmacia, quello è e non dovrebbe prestarsi a dubbi».

Altro caso è quello di Alessia, insegnante di sostegno di scuola superiore, in aspettativa da settembre al 23 dicembre e ora prossima alla sospensione: «Mi si chiede di presentare un codice che però, di fatto, non tutela la salute. Il problema non è “vaccino sì” o “vaccino no”, ma esprimere un dubbio o un principio di prevenzione. Io, ad esempio, ho scelto di pormi in aspettativa per tutelare la continuità didattica a vantaggio dell’alunno che avrei dovuto seguire, evitando a lui continui cambi di insegnante e alla scuola continue ricerche di personale. Sono nell’anno di prova dopo aver superato il concorso, ma così di fatto rinuncio all’anno di prova, perché non avrò i giorni minimi necessari di servizio: è stata una mia scelta, ma lo dico per testimoniare come si tratta di rinunce che non si fanno a cuor leggero, soprattutto per chi, come me, crede molto nella relazione educativa alunno-docente».

O ancora, denunciano dal gruppo scuola della Rete no green pass, «ci sono insegnanti che si arrogano il diritto di chiedere ai ragazzi chi è vaccinato e chi no, aspetto che esula del tutto dalle mansioni educative e formative di un docente. Come Rete siamo affiancati anche da un gruppo legale che entrerà in contatto con il gruppo scuola per dare risposte a questi soprusi: siamo pronti anche a far partire delle lettere di diffida nei confronti di tali insegnanti che verranno inviate ai dirigenti scolastici, perché se un alunno non è vaccinato non è tenuto né a farlo sapere, né a diffonderne i motivi».

La Rete ha inoltre attivato un indirizzo mail, lanostrascuola_vs@protonmail.com, per consentire a chiunque di mettersi in contatto privatamente e denunciare eventuali situazioni, in modo da ricevere ascolto e supporto. Del resto, che la scuola sia una delle realtà che con più fatica sta affrontando l’era della pandemia è un dato di fatto: «È sicuramente una delle realtà più penalizzate: le scuole si sono trasformate in presidi sanitari, con termoscanner, aule Covid di cui i ragazzi hanno il terrore, regole che contrastano con la natura relazionale di questo ambiente. Ci sono casi di adolescenti seguiti da neuropsichiatri perché affetti dalla sindrome di hikikomori, che hanno sviluppato un senso di paura verso il mondo attorno a loro e verso le relazioni sociali: la narrazione Covid-centrica sta trascurando la definizione di salute come definita nel 1948 dall’Oms, cioè il completo stato di benessere fisico, ma anche mentale e sociale. Due aspetti totalmente dimenticati».

su Luna Nuova di venerdì 24 dicembre 2021

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