ROGHI
13 Febbraio 2020 - 23:55
L’odore di bruciato, nonostante il vento forte che sferza le cime delle roverelle e i due giorni ormai trascorsi dallo spegnimento dell’incendio di lunedì pomeriggio, è ancora molto avvertibile. Le fiamme, incenerendo rovi ed erbacce, hanno rimesso in luce terrazzamenti e muretti a secco e i vecchi pali in pietra che sostenevano i filari e la basse topie di barbera e avanà sembrano tanti piccoli menhir che si stagliano su un deserto di sabbia color della pece. Il Crè di Cou, la collina baciata dal sole che una volta, almeno fino agli anni ‘70, era un colorato puzzle di vigne e di mandorli; ora, con il repentino abbandono, che ne ha fatto un paradiso per caprioli, cervi e cinghiali ma anche per gli incendiari, sta sempre più prendendo i contorni di un problema…
Su Luna Nuova di venerdì 14 febbraio 2020
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