RAPPORTO GREENPEACE
13 Febbraio 2024 - 00:00
Il cantiere Tav di Chiomonte (foto Diego Fulcheri)
Senza creare inutili allarmismi, è evidente come la “bomba d’acqua” lanciata nei giorni scorsi da Greenpeace Italia sulla contaminazione da Pfas presente nelle acque potabili del Piemonte stia suscitando non poca preoccupazione e dibattito fra cittadini, istituzioni, tecnici e addetti ai lavori. La Smat, e di riflesso molti comuni che hanno affidato la gestione del servizio idrico integrato alla società metropolitana, ha subito rassicurato sul fatto che l’acqua potabile distribuita nel Torinese rispetti tutti gli standard di sicurezza e qualità prescritti dalla legislazione vigente: i valori di Pfas riscontrati sono tutti, infatti, al di sotto della soglia attuale e di quella che entrerà in vigore dal 2026. Ci si chiede tuttavia da dove possano provenire le concentrazioni di Pfas e in particolare di Pfoa (una molecola del gruppo dei Pfas classificata come cancerogena per gli esseri umani) evidenziate nel rapporto di Greenpeace, basato su dati ufficiali degli enti pubblici piemontesi ottenuti dall’organizzazione ambientalista tramite istanze di accesso agli atti. E un’ipotesi, secondo il bussolenese Mario Cavargna, tecnico di fiducia del movimento No Tav in possesso di un master europeo in ingegneria ambientale al Politecnico di Torino e di Losanna, è che anche il cantiere Tav di Chiomonte possa avere in qualche modo influito sulla questione Pfas. «Gli usi dei Pfas sono moltissimi ed ancora molto sconosciuti - introduce Cavargna - la raccomandazione delle autorità sanitarie è quella di accertare la eventuale presenza...
su Luna Nuova di martedì 13 febbraio 2024
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